Abitare a Mosorrofa nel XVII secolo
Nella lontana primavera del 1613, precisamente il 29 aprile, due abitanti di Mosorrofa, Demetrio Flavia e Conforto Andidero, dopo aver percorso il sentiero che dal loro villaggio, attraverso Ciugna, conduce alla vicina Citta di S. Agata, giungono finalmente presso la casa del notaio Nicola Alaface. Scopo della visita, fissare sulla pagina scritta l’accordo finalmente raggiunto, per una questione edilizia che verteva da tempo tra i due.
Il primo infatti, avendo incominciato a fabbricare una casa allo Strapunti, nei pressi della chiesa parrocchiale di S. Demetrio, limitante con due abitazioni di Andidero e volendo rialzare i muri avrebbe occupato però la finestra situata nella casa soprastante di quest’ultimo. Lo scolo delle acque piovane a lungo andare avrebbe infine provocato gravi danni alla parete della casa inferiore. I due, quindi, grazie anche alla mediazione di amici comuni, concordano di loro spontanea volontà, che Demetrio a proprie spese possa continuare i lavori a condizione che apporti alcune modifiche rispetto all’idea originaria e cioè che le ciuramite (plurale di una parola di origine greca, ancora oggi in uso col significato di “tegola”) siano radenti alle basole in pietra della finestra di Andidero in modo che non ne coprano la visuale dalla parte del “levante”. Lo stesso si impegna anche a costruire un capocanale con calce e ciuramite in modo che le acque possano confluirvi e riversarsi così nella vinella (vicoletto), in modo da non poter arrecare infiltrazioni al muro. In caso di mancata osservanza di quanto sottoscritto, Demetrio pagherà i danni ad Andidero.
In un atto del1604 apprendiamo che Thodisca di Magro vedova di Matteo Pirino ruris Misorrife, aveva venduto a Conforto Andidero una casa solarata per 24 ducati. Probabilmente si tratta di una delle due abitazioni sopra menzionate.
Consultando altri documenti dello stesso periodo sappiamo che i rioni del paese erano chiamati convicini. Gli atti notarili stipulati, utilizzavano questo termine per esprimere genericamente, la prossimità di un’abitazione ad una chiesa oppure ad un altro edificio caratteristico, con riferimento all’esistenza di precisi confini territoriali. In quell’epoca la popolazione si aggirava intorno ai 400 abitanti e la tipologia degli edifici era costituita da case terranee, cioè dal solo piano terreno e da case solarate, ovvero con solaio e formate da un piano terra ed un primo piano. Quasi tutte le abitazioni menzionate erano situate negli attuali rioni Croce, Strapunti e Mulè, oggi purtroppo in via di spopolamento.
Ritengo anche utile riportare alcune notizie tratti da atti di compravendita che potrebbero essere interessanti per una specie di “catasto urbano” dell’epoca.
Il 22 febbraio del 1617 risulta che Angilella La Cava, madre di Tiberio e Lucisano Nicolò abita nel convicinio della Croce.
Nel 1613 Giuseppe Domenico Sorgonà vende a un certo Pompeo una casa terranea per 20 ducati.
1656, Francischello Andidero ha venduto una casa a Giuseppe Catefaro con un giardinello dentro limitante con Giuseppe Modafferi.
1611, Nicola Antonino Carrano per parte di suo fratello Andrea vende a Giando Rosselli di Mosorrofa una casa terranea vicino alla propria e a quella di Annibale Marrapodi.
6 luglio 1668, Fagostina Chenea ruris Musorrifa abitante a Reggio e vergine in capillo dona un giardino arborato e una casa terranea coperta e abitabile vicino la chiesa di Mosorrofa ad Antonio Saccà. L’espressione vergine in capillo ed altre simili, come “figlia in capillis” e “donna in capillis”, indicavano nel diritto latino la condizione di illibatezza delle adolescenti in età da marito e delle donne ancora nubili, le quali potevano andare a capo scoperto, mentre quelle sposate dovevano averlo in certo modo protetto. Forse da questo derivava la costumanza delle nostre contadine che ancora fino al dopoguerra del Novecento usavano coprire i capelli con il “muccature”, un grande fazzoletto annodato dietro alla nuca.
1603, Francesco Maniscalco vende una casa terranea a Giovanni Cavalcanti.
1614, Nicola Bruno, padre di Gesuele, sposato con Camilla Cardea possiede una casa solariata a Mosorrofa.
1615, il Magister (generalmente con questo termine si indicava un mestiere come ad esempio, fabbro, calzolaio, ecc.) Francisco Casablanca, di origine siciliana abita in una casa di Mosorrofa. Sorprendete la presenza, come vedremo anche appresso la presenza di famiglie siciliane.
1615, Sebastiano Candido vende a Valenti Russitano una casa solariata.
1615, Andrea Pudano consegna a Giando Agricò domus solariata che limita con Antonio Magro al prezzo di ducati 66 ricevendo in cambio anche una casa terranea vicino Nicolò e Giando Marino.
Andrea Pudano vende a Lorenzo Tripepi domus terranea vicino quella di Giando Nicolò.
1613, Silvia Sorgonà, figlia di Agostino. possiede una casa terranea.
1620, Gianni Agostino Andidero vende a Gian Demetrio Mammì, rettore della chiesa di S. Demetrio una casa terranea vicino a quella di Vito Billa al prezzo di 30 ducati.
1620, Giando Rosselli e Marsia Vazzani jugali (termine di origine latina che significa coniugati) di Misorrife vendono a Gian Agostino Andidero, domus terranea che limita con Vito Cutrupi.
1620, Nicola Maria Ranieri, proprietario anche di un mulino ad acqua situato alla fiumara di Medha, vende a Jacopello Liveri domus solariata per ducati 44, stimata da mastro Antonello Battaglia, mentre lo stesso acquirente da’ a Sebastiano Pilica, abitante con domo e famiglia una casa solariata vicino a Domenico Di Ranieri.
Aurelio Leri dà a Silvia Sorgonà, vedova di Francesco Provenzano, domus terranea vicino quelle di Demetrio Mammi, Silvio Votianoti e Marsi Gattuso. In cambio Silvia dà un giardino con piede di sicomoro e una baracca coperta che limita con Jacobello Liveri, Marco Cavalcanti, Francesco Tropeano e Mariano Branca,
1621, Leone Iero vende a Gian Pietro Mammì e Claudio Tropeano una casa terranea vicino la vedova di Andrea Minuto.
1621, Sebastiano Pilica di Reggio abitante a Mosorrofa vende ad Antonio Vazzani di la Motta abitante a Mosorrofa una casa scoperta.
1637, Gambacurta di Messina ha venduto a Vito Rossello di Mosorrofa una casa per 29 ducati.
1638, Francischella Marrapodi e Fabrizio Maniscalco hanno una casa solarata.
1665, Margherita Agricò possiede una casa terranea con lo striglio del nutricato, ovvero l’attrezzatura necessaria per allevare i bachi da seta.