Aiutami a fare da solo

Esattamente quarant'anni fa ho iniziato ad insegnare in una Scuola Media, che ospita generalmente ragazzi tra gli undici e i tredici anni di età, e da allora non ho mai interrotto se non per il breve periodo del servizio militare. Da allora tante cose sono cambiate, la Scuola si é evoluta, sia dal punto di vista didattico che amministrativo. Sono stati superati i vecchi programmi scolastici con l'introduzione del curricolo, sono state sperimentate e introdotte nuove dinamiche associative e metodologie didattiche che rendono gli alunni protagonisti del loro processo di apprendimento, sono cambiate più volte forme e modalità di valutazione e soprattutto si é passati da una Scuola centralizzata alla Scuola dell'autonomia con la possibilità data a ciascun Istituto scolastico di organizzarsi autonomamente dal punto di vista didattico e in parte anche amministrativo, ferme restando alcune indicazioni nazionali. Voglio soffermarmi però su una cosa che mai é cambiata, che ha sempre aiutato i ragazzi ad imparare e che ultimamente, soprattutto da certe correnti ideologiche viene considerata assolutamente negativa: l'errore.  Proprio l'errore, si, perchè da grande opportunità di apprendimento e crescita  che è sempre stato, sta divenendo adesso motivo di disagio per molti ragazzi, spinti dai genitori ad essere impeccabili, obbligatoriamente i migliori.

Potrebbe sembrare un controsenso ma dall'errore, dall'esperienza negativa si impara e si acquisisce la capacità di non ripetere l'errore in situazione analoghe. Del resto é solo cadendo molte volte che si impara a camminare; un'esistenza priva di errori, oltre a non essere possibile, sarebbe priva di miglioramenti. L'insuccesso accresce la maturità, aumenta la capacità di togliersi da situazioni difficili perché quando si sbaglia ci si ferma a chiedersi in che cosa si è sbagliato e come si può evitare di ricadere nell'errore. Si potrebbe dire che commettere errori sia il motore del cambiamento.

Nella nostra società, purtroppo, non é più così, influenzata da un perfezionismo ideologico  che riguarda non solo il fisico ma anche la mente. Nei ragazzi di oggi la possibilità di sbagliare spaventa spesso a tal punto da frenare addirittura decisioni e azioni: "meglio non fare nulla che fare qualcosa di errato", e questo é dovuto al fatto che già dai primi anni di scuola l'errore viene vissuto, soprattutto dai genitori, come qualcosa di scandaloso e drammatico. Allora pensano di poter sostituire i loro figli. Poveri ragazzi, gli si smorza la voglia di "lanciarsi" ed essere creativi nella risoluzione di problemi.

Una citazione della Montessori, una grande pedagogista ed educatrice a cavallo tra l'800 e il 900 dice: "Aiutami a fare da solo", nella quale «Aiutami» non significa «Sostituisciti a me» ma, piuttosto, «Ho bisogno di sapere che sei accanto a me, perché da solo non mi posso educare; l’educazione è un dialogo, ma aiutami a fare da solo, perché nessuno può apprendere al mio posto».

Aiutare i propri figli non significa sostituirsi a loro nello svolgimento dei compiti. Significa considerare sempre di cosa effettivamente hanno bisogno, ma sono loro a doversi interfacciare con la scuola, prendersi la responsabilità del loro percorso, pur sempre con la sensazione che i genitori sono al loro fianco, per sostenerli, senza stare al loro posto. Spesso accade però che il successo di un figlio venga vissuto da molti genitori come il proprio, con una competizione poco adatta a un percorso di crescita funzionale. Si tratta di dimostrare agli altri genitori, agli insegnanti il proprio valore, attraverso il proprio figlio o la propria figlia. In questa dinamica, i bambini e le bambine spariscono nella loro unicità, è il genitore che – senza rendersene conto e seppur con le migliori intenzioni – diventa protagonista. Le conseguenze per i figli sono pesanti, perché quello che nasce come un tentativo di aiuto si trasforma in una frustrazione  o umiliazione. E se i compiti ottengono un brutto voto? Ecco che a quel punto il genitore non accetta la valutazione e affronta l’insegnante, magari in maniera violenta, ancora una volta in un confronto insensato e deleterio per il figlio o la figlia.

Poveri ragazzi!