Anno XIII° dell'era Fascista: nasce la scuola rurale di Lungì

Superata la contrada Tracale, lungo l’antica mulattiera che portava ai campi, ci sono ancora i resti fatiscenti di una vecchia scuola rurale, quella di Lungì. Un modesto edificio che a partire dal 1935 incominciò ad ospitare gli scolari che, assieme alle famiglie, vivevano disseminati in quelle verdi campagne.

La documentazione conservata presso l’Archivio storico comunale ci consente di ricostruire, anche se in modo frammentario le vicende legate alla sua nascita, avvenuta in un microcosmo abitato da contadini, coloni, braccianti e pastori, che videro apparire proprio in quell’anno una nuova figura: il maestro di scuola. Una novità che rappresentava il primo, ma indispensabile passo per dimostrare che anche in quelle contrade così isolate e lontane, lo Stato, in qualche modo si ricordava di loro. Una piccola rivoluzione: i figli di quel popolo subalterno avevano finalmente l’opportunità di imparare a leggere, scrivere e far di conto, come i loro coetanei giù nel paese.

Fu così che, per promuovere la lotta contro l’analfabetismo, nell’ anno XIII° dell’Era Fascista, il giorno 14 del mese di maggio in un ufficio comunale di Reggio, il podestà Francesco Giunta, assistito dal segretario generale, adottava una deliberazione avente per oggetto l’istituzione di una scuola rurale nella frazione Lungì di Mosorrofa, accogliendo pienamente la proposta del presidente del comitato provinciale dell’Opera Nazionale Balilla. Un ente creato per complementare l’istituzione scolastica e indottrinare i giovani con i valori fascisti.

La nota prefettizia del 15 marzo “data l’importanza di tali scuole i cui vantaggi sono molto ben noti” invitava a corrispondere alle richieste del predetto presidente. Parere favorevole lo aveva espresso pure il Regio Primo Ispettore Scolastico poiché l’avvio di detta scuola, rispondeva ai criteri della diffusione della istruzione pubblica nelle campagne dei quali il fascismo tanto si era interessato.

Il Comune, anche in conformità alla richiesta del presidente del comitato provinciale dell’Opera Nazionale Balilla, si impegnava a mettere a disposizione dei convenienti locali per l’aula scolastica e per l’alloggio dell’insegnante secondo quanto disponeva il regolamento. L’affitto per la locazione venne corrisposto alla famiglia Artuso, proprietaria dell’immobile.

In questa piccola scuola, vi era ovviamente un alleggerimento dei programmi. Lo scopo era di coniugare l’apprendimento degli elementi basilari dell’istruzione, con le nozioni relative ai bisogni della vita contadina. L’attività ginnica, tanto cara al regime, era sicuramente garantita, poichè uno dei primi maestri, Gennaro Verbaro in quegli anni si dilettava ad allenare la squadra di calcio del paese e risulta tra i firmatari per la richiesta al Podestà di un campo sportivo a Mosorrofa. Non mancava al termine della giornata la «tenuta dell’aula e dei mobili, sotto la guida dell’insegnante» da parte di qualche alunna e l’invito affinché le stesse, più grandicelle, lavassero il pavimento e spazzassero le pareti. I maestri che allora godevano del riconoscimento sociale legato alla categoria, non disdegnavano la bacchetta per infliggere severe punizioni inculcando rigore e disciplina. Non erano rare le occasioni in cui, a seconda delle stagioni, venivano ricompensati in natura dalle famiglie, con i prodotti della terra, qualche ricotta salata o delle uova fresche.

Gli arredi consistevano in un piccolo armadio, un crocifisso, gli immancabili ritratti del Re e del Duce, la carta geografica, una lavagna di ardesia, banchi di legno, sedie e tavolo. Poichè l’illuminazione artificiale mancava del tutto bisognava pertanto contare sul solo aiuto della natura, mentre nei mesi invernali, allievi e maestri difficilmente riuscivano a ripararsi da freddo e spifferi.

Come materiale scolastico gli alunni utilizzavano quaderni, abbecedario e matita, anche se per l’impossibilità di conciliare scuola e lavori nei campi, per molti bambini di queste zone il legame con l’istruzione si riduceva spesso ad un esercizio giornaliero di scrittura.

Ma se gli alunni di Lungì durante le ore di lezione potevano ascoltare il sommesso canto degli uccelli ed il fruscio delle foglie degli alberi, più a valle, quelli del paese erano disturbati dal rumore assordante di un “mulino a nafta” dove erano annessi i locali delle scuole pubbliche, così come leggiamo in una lettera che il can. Caridi indirizzava al Podestà ed alla Regia direzione didattica :  “Il sottoscritto, affinchè le scuole elementari di questa importante frazione di Mosorofa avessero una normale sistemazione, dato che in atto si trovano in locali insufficienti ed inadatti, perché annessi all’esercizio di un mulino, offre in fitto una casina, prospicente sulla Piazza S. Demetrio, comoda, arieggiata, isolata, dove realmente le scuole possono bene funzionare.

Tale casina si compone di un pianterreno della superficie di m. 9x5, di un piano superiore della istessa superficie, ed a cui si accede da un portoncino, indipendente dall’aula inferiore, con due cessi, accessori ed ampie aperture, con la fonte vicina e la piazza su cui svolgere l’attività ginnastica.

Tale immobile è libero dal 1 luglio, vi sarà apportata quella eventuale modifica che richiede allo scopo, e per il fitto, il sottoscritto si rimette alla SV ill.ma, dato che il fine principale dell’offerente è di vedere definitivamente sistemate le scuole, e poter funzionare con più comodità”.

Dal sopralluogo eseguito, il Direttore Didattico ed il geom. Calvanese constatarono però che i locali offerti dal parroco erano, allo stato, assolutamente inadatti e, nonostante il mulino a nafta continuasse a recare “disturbo grandissimo al funzionamento della scuola”, non si procedette alla disdetta del contratto di fitto dell’aula il cui proprietario era Pasquale Crucitti.

In concomitanza dell’inizio delle attività didattiche, proprio in quell’anno, l’Italia aveva dichiarato guerra all’Etiopia, la cui conquista segnerà il punto di maggiore consenso al regime. Così come era accaduto per tutti gli studenti della Penisola, anche per quelli mosorrofani, buona parte delle lezioni saranno dedicate alle “gloriose gesta dei nostri soldati contro le orde del Negus” mentre sulla grande cartina raffigurante l’Africa Orientale presente nell’ aula venivano appuntati gli spilli che segnalavano l’avanzata dell’Esercito italiano!
Nel concludere questo breve e parziale viaggio all’interno della scuola elementare del periodo fascista mi preme sottolineare che tra gli alunni  di Lungì, nel 1935, assieme al fratello e alla sorella, vi era anche Demetrio Nicolò il quale ha da poco raggiunto la veneranda età di 101 anni. Aveva iniziato la prima elementare all’età di 13 anni. Qualche anno dopo, poco più che ragazzo, fu costretto a partire per il fronte. Dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43, assieme ad un compaesano della stessa Divisione, abbandonò le armi e l’uniforme per tornare a casa cercando di sfuggire alla cattura degli ex alleati. Intraprese il viaggio a piedi da Roma a Mosorrofa. Una vera e propria odissea durata oltre un mese. A differenza di lui, uno dei suoi insegnanti, il tenente Gennaro Verbaro, non farà mai più ritorno a casa, risultando tra i caduti di quell’orribile conflitto e l’idea della guerra, strumento di difesa della Patria e di espansione dell’Italia fascista, continuamente esaltata anche nella piccola scuola di Lungì, rimarrà una brutale esperienza vissuta sulla propria pelle.