Aspromonte, terra del fuoco

Oltre quattromila ettari di bosco andati in fumo e 5 vittime sono il tristissimo bilancio di una stagione estiva devastante per l’Aspromonte. Sebbene gli incendi non siano mai mancati, quelli della stagione in corso hanno quasi annientato un patrimonio di inestimabile valore ambientale, fauna compresa, con ricadute pesantissime in termini umani, culturali, sociali ed economici.  L’infelice riforma del Governo Renzi che pochi anni fa ha smantellato il Corpo Forestale dello Stato disperdendone le relative competenze senza rimpiazzarle con un nuovo e adeguato sistema di monitoraggio e intervento ha fatto la sua parte. Le responsabilità sono anche dei vertici della Regione Calabria e del Parco Nazionale d’Aspromonte che ha aspettato il 6 agosto per approntare un inefficace e tardivo piano antincendio. Così sono andati In fumo il bosco secolare di Acatti e in cenere i paesaggi stupendi dell’area grecanica attorno a Roccaforte del Greco, Bagaladi, Diga del Menta, San Lorenzo, Polsi, San Luca, Africo, Bova, Gallicianò. Notevoli i danni nella zone di Cardeto che piange una vittima e di Vinco con quattro persone gravemente ustionate.

Tra le località devastate dagli incendi purtroppo non sono mancate quelle del territorio mosorrofano: da Serratò a Limma, passando per Pittari, Caluceri, Vaso, Radena, Fuculia e altre, il fuoco, di origine prevalentemente dolosa ha distrutto mezzi agricoli, ulivi secolari, alberi da frutto.  

 Solo dopo le prime vittime, i media nazionali si sono accorti delle ferite devastanti che piromani mossi da interessi criminali ed economici hanno inferto alla nostra montagna. Eppure, da qualche anno, nell’ l’Aspromonte narrato da Alvaro si cominciava a intravedere qualche spiraglio di luce portato dalle giovani guide del Parco che portavano in escursione visitatori italiani e stranieri entusiasti, con aziende e cooperative di giovani imprenditori, promotori di iniziative per valorizzare prodotti tipici apprezzatissimi che cominciavano ad attrarre visitatori da ogni parte d’ Italia e d’Europa. Il grande fotografo americano Steve McCurry è tornato in Italia non per ritrarne da par suo le tante bellezze, ma per testimoniare un crimine, quello consumato ai danni del Parco Nazionale d’Aspromonte

Inviato dal prestigioso National Geographic Magazine, il reporter McCurry è arrivato in Aspromonte con la sua Leica come è solito andare in un teatro di guerra per documentare la forza distruttiva dell’uomo, la stessa che con meticolosità mani criminali hanno messo in atto in Calabria, certe anche di poter contare su un inadeguato, sebbene costosissimo, sistema di intervento affidato guarda caso a società private. Viceversa, avremmo preferito che il suo sguardo di raffinata sensibilità naturalistica e antropologica si fosse posato sulle magiche foreste primordiali che appena pochi giorni fa sono state riconosciute dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Ma tant’è….

Saprà rinascere dalle sue ceneri come l’araba fenice la montagna che ha attrasse artisti, scrittori e poeti? Luogo del silenzio tra borghi arroccati, fitti boschi , valli dalle grandi pietre e  fiumare, la montagna, cara alla narrazione alvariana , ai viaggiatori stranieri del Grand tour (pittori, scultori, poeti)  come Edward Lear che ne descrisse i percorsi selvaggi oggi denominati “Il Sentiero dell’inglese”, il luogo dell’anima che ispirò la Chanson d’Aspremont, una delle massime espressioni della letteratura medievale normanna,  lancia  un ultimo, disperato, grido alla sua gente: “Natura e Bellezza possono ancora  salvare il  mondo : sbrigatevi! Prima che sia troppo tardi! “