Autonomia differenziata: tema importante sconosciuto ai più

Recentemente, Il Consiglio dei ministri ha votato a favore del disegno di legge sull’autonomia differenziata, presentato dal ministro leghista Roberto Calderoli. Una proposta molto discussa, in particolare dagli esperti di economia e sociologia, e su cui l’opposizione minaccia battaglia, ora che dovrà essere esaminata in Parlamento per la sua approvazione. Forse, a livello popolare il dibattito non è ancora percepito come importante e  non ci si rende conto che potrebbe condizionare la nostra vita quotidiana nei prossimi decenni.  E’ un tema che, soprattutto come cittadini del Mezzogiorno, al di là dei nostri orientamenti politici, ci dovrebbe stare  particolarmente  a cuore. Queste righe vorrebbero essere  un modesto contributo per aiutarci a riflettere.

Chi ha votato a favore del disegno di legge di Calderoli?

Prima di analizzare i punti critici su cui potrebbe intervenire la riforma, è interessante notare la provenienza regionale dei ministri che hanno approvato il disegno di legge. Di queste 25 persone, inclusa la presidente del Consiglio, solo 5 provengono dal Sud o dalle isole, di cui due dalla Campania, una dalla Puglia, una dalla Sicilia e una dalla Sardegna. Altre 5 vengono dal centro, ma precisamente da Roma e una da Tivoli, sempre comune di Roma. E 15 dal Nord, in particolare da Piemonte, Lombardia, Veneto, una dalla Liguria, due dall'Emilia Romagna e una dal Friuli Venezia Giulia. Questa divisione si riflette in parte anche nella mappa dei presidenti regionali che si sono schierati a favore o contro della proposta di Calderoli. Chi viene dal Nord, come il lombardo Attilio Fontana, il veneto Luca Zaia e il ligure Giovanni Toti sono chiaramente a favore. Mentre il campano Vincenzo de Luca e il pugliese Michele Emiliano, assieme all’emiliano Stefano Bonaccini (che però, stranamente prima di candidarsi alla segreteria del Pd era favorevole, anzi sottoscrisse  addirittura una pre- intesa sul tema con il governo Gentiloni!) hanno alzato le barricate contro il disegno di legge.

Pro e contro

In generale, si tratta di una presa di posizione di carattere economico. Chi è a favore dell’autonomia differenziata, sostiene che trattenere la gran parte del gettito fiscale si traduca automaticamente in una maggiore efficienza nella fornitura di servizi per i propri cittadini. Come ha detto sulla Stampa Alberto Cirio, presidente del Piemonte, l’autonomia avvicinerebbe “i centri di spesa”. È la storia che dimostra che più stretto è il rapporto tra chi spende e i beneficiari, più la spesa è efficace e ci sono meno sprechi. È una questione di conoscenza del territorio e anche di controllo che i cittadini possono esercitare sulla politica”, ha spiegato Cirio, andando a sottintendere che efficienza e sprechi derivino dalla disponibilità economica e non dalle scelte politiche. Inoltre, secondo Cirio, sarebbe l’unico modo per superare il “criterio della spesa storica” e passare a quello “della spesa standard. Finora lo Stato pagava i servizi forniti agli enti locali in base a quanto era stato speso negli anni precedenti, così chi spendeva di più aveva di più. Ora ci sarà uno standard nei costi dei servizi”. Tuttavia, prima di poter superare la spesa storica andrebbe stabilita la spesa dei Livelli essenziali di prestazione che vanno garantiti su tutto il territorio nazionale. Cosa che nei venti anni trascorsi dall’approvazione della riforma costituzionale (La riforma del  Titolo V ad opera del Centrosinistra) che ha introdotto l’autonomia, non è ancora stata fatta. I contrari invece, sostengono come l’autonomia differenziata comporti necessariamente una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche (come i trasporti, la distribuzione dell’energia, la sanità o l’istruzione), che per il loro ruolo nel funzionamento del sistema paese dovrebbero avere necessariamente una struttura unitaria e a dimensione nazionale.

Inoltre, molti spiegano che anche le regioni autonome sarebbero svantaggiate dal progetto. Da un lato perché il Sud è un mercato essenziale per il Nord, dall’altro, perché le ampie differenze interne alle stesse regioni verrebbero aumentate dall’allocazione delle risorse, che andrebbe comunque a premiare le parti più ricche e meglio organizzate. La sottrazione del gettito fiscale alla redistribuzione su tutti i territori violerebbe poi il principio di solidarietà economica e sociale contenuto in Costituzione, andando a aumentare le disuguaglianze tra Nord e Sud, con un conseguente crollo sociale ed economico dei territori più svantaggiati che potrebbe mettere facilmente in crisi l’intera Italia.

Infine, secondo quanto scritto dall’economista Paolo Balduzzi su Lavoce.info, al momento non esiste un criterio oggettivo o tecnico che permetta di stabilire se una regione sia o meno in grado di fare meglio dello stato negli ambiti di competenze che saranno trasferiti. Appare pertanto imprescindibile, e prima di un qualunque ulteriore avanzamento legislativo, introdurre strumenti di misurazione oggettiva dei risultati storici delle varie regioni nelle diverse materie”.

Se da una parte i favorevoli sostengono sia giusto trattenere sul territorio le tasse dei residenti, al fine di usarle per migliorare i servizi, dall’altra i contrari, come si legge su Domani, evidenziano che non sarebbe corretto dare alle regioni le tasse di chi risiede in un luogo ma matura reddito in altre regioni. Inoltre, come già sottolineato, non ci sono certezze o studi che possano dire con sicurezza che la frammentazione delle competenze migliorerà l’efficienza dei servizi. Quando invece potrebbe creare gravi problemi come nel caso della gestione della pandemia da Coronavirus in Lombardia.

Sanità

Partendo proprio dalla regione amministrata da Attilio Fontana, è impossibile dimenticare la  gestione dell’emergenza a livello regionale autonomo, quando la Lombardia non è nemmeno riuscita a implementare un sistema efficace per la prenotazione dei vaccini. Problema risolto solo grazie all’uso del sistema nazionale di Poste Italiane. Inoltre, con un sistema sanitario gestito a livello regionale, chi si trova temporaneamente in altre regioni potrebbe grandi difficoltà nel farsi prescrivere e acquistare le medicine di cui ha bisogno. Quindi già il sistema di prescrizione non potrebbe diventare di competenza esclusivamente regionale. Infine, per Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, sul Quotidianosanità, l’autonomia differenziata darebbe il “colpo di grazia al sistema sanitario nazionale” aumentando “le diseguaglianze regionali e legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute”. 

Istruzione

Su Repubblica, Luca Bianchi, il direttore del centro di ricerca Svimez sul divario regionale, ha criticato il disegno di legge di Calderoli sostenendo come l’autonomia colpirebbe gravemente il sistema scolastico con “un vero processo separatista” in cui si avrebbero “programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati”.

Critica sostenuta anche dalla sociologa Chiara Saraceno sulla Stampa, secondo cui non sarebbe “possibile lasciare l’attuazione del compito costituzionale della scuola alle diverse disponibilità e scelte locali”, perché già ora esiste una differenziazione ingiusta delle risorse educative pubbliche offerte sul territorio nazionale, non solo tra regioni, ma anche all’interno delle stesse regioni e città”. Differenze che “si sovrappongono alle diseguaglianze sociali e di contesto, invece di compensarle”.

Un tema da approfondire quindi , considerando che in queste righe non è stato affrontato il nodo di materie come i Traporti, il  Lavoro e  di altre previste dalla riforma, che incideranno notevolmente sulla vita  quotidiana dei cittadini.