Eesercizio abusivo della professione di levatrice in Mosorrofa -1847-
In questo articolo cercheremo -attraverso la ricostruzione di un episodio avvenuto nel nostro Paese nel 1800 - di analizzare la normativa in materia di esercizio abusivo di una professione ed in particolare quella di “levatrice”.
Solo per dare un’indicazione del fenomeno vediamo come in tutti i Paesi della Vallata e nei territori limitrofi, intorno alla metà del 1800, vi era un quadro ben definito di esercizio abusivo di tal mestiere; in particolare in Cardeto vi operavano “abusivamente” Vadala’ Pasqualina, Domenica e Caterina; ad Armo vi era tal Gattuso Francesca; nel Comune di Gallina Giuseppa Labate ed infine in Mosorrofa (paese del Comune di Cataforio Sottilotta Caterina).
A tal riguardo, nell’anno 1847 una tal Angelica Sorgonà del Villaggio di Mosorrofa, “mammana”[1] autorizzata esponeva all’Intendente della Calabria ultra Prima che in quel villaggio due donne (Antonia Musca[2] -vedova di Gaetano Massara - e Maria Malara) svolgevano senza alcuna autorizzazione il mestiere su menzionato e che per la loro inesperienza avevano commesso delitti tali da esser portati dinanzi alla Gran Corte Criminale, e con tale esposto supplicava l’Intendente affinché facesse cessare tali abusivi mestieri.
Il sindaco di Cataforio sig. Raffaele Melacrino comunicava all’Intendente di essere stato informato di tali “mammane” specificando però che non conosceva nessuna legalmente autorizzata a svolgere tale compito, e che solo la necessità obbligava le partorienti di servirsi delle nominate donne.
Con una successiva lettera del 11 settembre 1847 l’Intendente della Provincia specificava che: “…siccome in Cataforio Comune esiste la levatrice Angelica Sorgonà, munita di cedola di Università come le dissi, così potrà costei prestare la sua opera legalmente alle partorienti”[3].
Per quel che riguardava la normativa l’art. 5 del regolamento del 2 giugno 1823 così disponeva: “Tutti coloro, ch'esercitano qualunque ramo dell'arte salutare, accordato co Regolamenti per la collazione dei gradi dottorali nella Regia Università degli Studi di Napoli, approvati con Real Decreto del 27 Dicembre 1815, debbon essere riconosciuti da rispettivi Vice-Protomedici in ciascun Distretto delle Provincie, dove non può aver luogo l'ispezione diretta del Regio Protomedicato generale. I vari rami di siffatto esercizio determinati come sopra, comprendono i Medici, i Chirurgi, gli Speziali, i Salassatori, le Levatrici, i Dentisti. Quest'atto di ricognizione ha mira di assicurarsi, se il loro esercizio è legale”.
Sin dalle epoche antiche, infatti, le donne ricorrevano alle levatrici per superare l’ansia e l’incertezza del parto ma allo stesso tempo per essere aiutate durante il travaglio e subito dopo la nascita. Negli stati preunitari, pensiamo ad esempio al Regno delle due Sicilie, come abbiamo visto, erano stati emanati dei provvedimenti volti a regolarizzare da un punto di vista normativo la materia attraverso la concessione delle cedole. Queste “patenti” per l’esercizio di tale professione tendevano ad impedire l’accesso a chi si improvvisava nel compiere tale attività e consistevano nella concessione di un atto amministrativo con talvolta criteri di valutazione e di scelta non sempre legittimi.
Tuttavia, vista l’enorme necessità soprattutto nei piccoli centri lontani dalle città tale esercizio avvenne anche senza alcuna concessione e ciò lo si legge anche da un rapporto di un Intendente della Provincia del Regno: “In più di un’occasione ci trovam costretti di concedere come titolo all’esercizio di tal professione la sola esistenza del medesimo e preso atto dell’impossibilità di poter provvedere in diverso modo se non attraverso l’aiuto delle levatrici abusive”. Dalle parole dell’Intendente si evince pertanto la reale situazione di sofferenza nell’individuare coloro che fossero muniti di cedola, cercando di contemperare questa mancanza attraverso l’esperienza delle c.d levatrici abusive.
In conclusione, però possiamo notare come nel caso su riportato la levatrice Sorgonà Angelica rivendicava di essere l’unica in tal Paese ad essere in possesso della cedola per l’esercizio della professione, ma che la stessa rimasta più volte inascoltata dal Sindaco di Cataforio si vide costretta ad interpellare l’Intendente della Provincia al fine di far luce sulla preoccupante situazione della professione nella Vallata.
[1] Nel centro sud indicava una persona che aiutava la gestante, ovvero la levatrice.
[2] Il suo nome era Antonina Pansera
[3] A.S.R.C: Inv. 5 b. 42 f. 2158