Etimologie

In Calabria c’è il toponimo Catanzaro (in greco   Καταντζάρο, sotto il vento, fortemente spazzato dal vento). A Mosorrofa abbiamo il toponimo Anzario (in dialetto Nzariu). Anzario è un rione di questo borgo e ha preso questo nome perché è situato in un posto fortemente battuto dal vento e anche molto spesso, a causa della sua posizione.

Ci sono latri punti di Mosorrofa dove le correnti d’aria si fanno sentire più forti, ma solo nzariu ha preso questo nome. A Reggio, fino al 1600 si sa che c’era la chiesa di Santa Maria di Ganzerina. Pensiamo che essa dovesse sorgere vicino al mare, dove il vento soffia a volte anche violentemente. Questo lo deduciamo dal termine Ganzerina, termine che a nostro parere e corrispondente al toponimo Ganzirri che si trova sulla riva messinese dello stretto. Ganzirri (Γκανζίρι, terra battuta dal vento).                .

“Sugnu u masciu cufinedaru” fazzu i cofina e puru u panaru”. U cufinedaru era chi costruiva ceste per il trasporto di roba varia, canestri, panieri, le fiscelle (i cestelli in cui i pastori mettono la ricotta e il formaggio appena tagliato) fiscelle che venivano costruite intrecciando i rami di giunco che erano resistenti e flessibili.

Il “cufinedaru” costruiva oltre alle ceste (al singolare: a cufineda, al plurale i cufinedi) i graticci fatti di canne (cannici) che servivano per tanti usi come ad esempio per mettere i fichi secchi o i pomodori al sole per essiccarli e conservarli per la stagione invernale.  (a cannizza- i cannizzi). Il nome più antico di questo maestro che intrecciava i vimini era: “u pitanu”. Il pitano (dal greco   Πιτανό) rivestiva anche le sedie e le barde che facevano parte della bardatura degli asini e dei muli, e che venivano poste sulla schiena di questi animali per legarsi a cufina o altri carichi.

I cufinedi” e i panara” venivano costruiti con strisce di canna su un telaio fatto con fili di arbusti di vario genere (e quindi più resistenti delle canne) fili che servivano per fare il fondo e i manici.

Per questo motivo venivano anche chiamate “cunifedi i laghinu”.  Ora da noi si usa indicare le tagliatelle con il nome di lasagne, ma in Calabria vengono chiamate “lagani” perché sono a strisce come le strisce delle canne che si usano per costruire “i panara” e i “cufinedi” e come le strisce che legavano i sandali dei pastori.

“Ciciri”(ceci) e “ lagani” sono un piatto della cucina calabrese, perché la pasta si faceva in casa ed era pasta fresca. “U fumicedu” è il “filungello” cioè il bozzolo costruito dal baco da seta quando si chiude in questo involucro in uno stadio del suo sviluppo. Il baco si avvolge con un filo che esce dalla sua bocca e che sarà il filo di seta che si trarrà dal bozzolo così formato. I bozzoli si lavoravano in edifici chiamati “filande” dove si estraevano da essi i fili di seta.  Molto note furono le filande di Catona, di villa San Giovanni e la filanda di Messina dove si trova attualmente una pinacoteca.

La “silicata” era la copertura in pietra delle strade e questo nome è passato a indicare la strada stessa che era coperta con le pietre. Siccome c’è una pietra chiamate “silice”, da questo termine sono derivati i termini “selciato” e “silicata”.

U “cupigghiuni” indicava lo sciame d’api (tutte le api) che formava una colonia di api e che si poteva trovare allo stato selvatico oppure allevato nelle arnie. “cupigghiuni”: una cosa cupa, scesa come un nuvolo o più precisamente come un nugolo.