Il miraggio di Merlino che incantò gli scolari del villaggio

Sin dal 1808, come documentato da fonti archivistiche, le scuole del villaggio di Mosorrofa erano ospitate in luoghi privati presi in affitto. Gli ambienti angusti e le condizioni igieniche alquanto precarie compromettevano la salute e la sicurezza degli alunni. Tanto che, ancora a distanza di quasi cento anni, nel 1905 un Ispettore scolastico scriveva che la scuola maschile di Mosorrofa era sita in un locale che stillava umidità e quella femminile in un magazzino adibito a deposito di legname e di fieno. Per non parlare poi della povertà degli arredi: si trattava di semplici banchi e panche, che erano spesso descritti come insufficienti, malridotti e, il più delle volte, poco adatti ad assolvere la loro funzione.

Le aule, all’interno di queste abitazioni costruite con materiale povero, erano vulnerabili ai terremoti come quello del 16 novembre del 1894 in cui avevano subito lesioni abbastanza gravi tanto che per poterle riaprire furono necessarie le puntellature e le riparazioni indicate in una relazione tecnica.

L’esigenza di trovare locali adeguati e funzionali per l’insegnamento scolastico trova finalmente riscontro il 19 settembre del 1907 quando, l’ingegnere Giuseppe Merlino, su incarico del Comune di Cataforio, presenta un dettagliato progetto “a regola d’arte”, relativo alla costruzione di un edificio a Mosorrofa in grado di ospitare circa cinquanta alunni, “modellato” secondo le indicazioni del Ministero della pubblica istruzione ed in cui erano previste misure preventive antisismiche per l’epoca alquanto innovative.

La notizia viene quindi accolta con giubilo ed entusiasmo non solo dalla popolazione studentesca e dagli insegnanti. Il privilegio di disporre concretamente di un edificio “istituzionale” appositamente realizzato assumeva infatti un valore simbolico di spiccata rilevanza all’interno di tutta la comunità.

In paese non si parlava d’altro: nelle bettole, tra un bicchiere di vino ed una partita a briscola; davanti alla pubblica fontana, mentre si stava in coda con orci e barili; nelle case, consumando la frugale cena serale. I consiglieri mosorrofani presenti nel comune di Cataforio non mancavano di rivendicare la loro parte per lo storico risultato ottenuto.

La sua costruzione avrebbe dato poi una mano non indifferente all’economia locale. Secondo le indicazioni del progettista nel capitolato d’opera, la calce comune sarebbe stata prodotta nelle calcare di Limma e da altre circostanti mentre i mattoni e le tegole a canale di argilla cotta, fornite soprattutto dalla fornace di Sala. La sabbia per le murature e gli intonaci, ben vagliata e scevra di materie eterogenee, trasportata dal torrente vicino. I legnami di castagno, di abete, di pino e larice di qualità soddisfacente e ben stagionati necessari per le aperture, i soffitti e la tettoia, avrebbero impegnato boscaioli e proprietari di buoi per essere trascinati a valle.

L’ubicazione dell’edificio tutto a pianterreno che avrebbe occupato una superficie di 262, 20 metri quadri  viene individuata in un terreno di proprietà degli eredi del Cav. Ettore Melacrino a circa 200 metri verso Sud del centro abitato, in zona Calvario, allora in aperta campagna, località ben areata e ventilata, col prospetto principale affacciato sulla strada rotabile Reggio-Mosorrofa.

La scuola doveva avere un’altezza fuori terra di sei metri, essere composta di nove ambienti e avere due porte di accesso con scalette esterne in pietra di Lazzaro che davano sulla detta strada. Le capriate del tetto a quattro falde, poggiare sopra una intelaiatura di legno che non doveva presentare tagli, fenditure, escoriazioni, ed altri difetti che ne potessero compromettere la stabilità. Per lo scarico delle acque piovane si indicava di utilizzare tubi di zinco; pietra di Siracusa per le mensole delle finestre.

In tutti gli ambienti il pavimento doveva essere un metro più alto dell’attuale piano stradale. Le mattonelle, poste in opera con cemento idraulico di prima qualità sopra massetto di malta comune e levigate a squadra lunga.

I detti ambienti oltre alla sala di direzione, dovevano formare due appartamenti distinti, ed essere adibiti, quello a destra per la scuola elementare femminile, e quello a sinistra per quella maschile. Ovviamente entrambi pluriclasse. Ognuno di detti appartamenti composto di quattro vani in tutto simili e cioè, il corridoio o vestibolo, l’aula per la scuola, lo spogliatoio.

Considerato che gli alunni, come d’altronde tutta la popolazione, per i propri bisogni fisiologici erano sempre stati costretti a recarsi all’aria aperta o tra le mura di casolari abbandonati, la notizia che la scuola sarebbe stata dotata anche di servizi igienici con “vasi di argilla smaltata di ottima qualità“  poggianti su lastre di marmo, destò non poco stupore.

I costi per realizzare questa scuola “avveniristica” vennero quantificati in lire 10.966 e centesimi uno soggetti a ribasso d’asta. Il tempo utile per finire di tutto punto i cennati lavori restava improrogabilmente fissato in un periodo brevissimo, ovvero a mesi otto.

Ma quando tutto sembrava pronto e i lavori stavano per iniziare sopraggiunse il terribile sisma del 1908 con tutte le conseguenze e i drammi che si sarebbero abbattuti. Il miraggio dell’Ing. Merlino, che aveva incantato i mosorrofani sarà quindi spazzato via per sempre dagli eventi per non essere, forse per scaramanzia, mai più riproposto.

Le scuole del paese funzionarono per un certo periodo all’interno di baracche di legno, fino a quando, in seguito ad un violento incendio che durante l’estate del 1918 aveva “distrutto mezzo paese”, molte famiglie rimaste senza tetto non vi troveranno ricovero. Il Sindaco di Cataforio, ripetutamente invitato a provvedere allo sgombero, non si era però “benignato di rispondere” alle continue sollecitazioni delle autorità scolastiche.

Addirittura, in una lettera inviata al Prefetto, datata 9 agosto 1922, Giovanni Cozzupoli, faceva presente che il comune affrontava delle spese per l’ affitto in locali per niente adatti, cioè una in un tugurio privo d’aria e un’altra in una stanzella di 16 mq, poiché aveva venduto una baracca scuola al consigliere Natale Morabito occupata in occasione dell’incendio mentre l’altra, occupata da Giuseppe Nicolò, era stata da costui divisa  in due vani, per darne uno alla figlia che aveva “dovuto sposare”!

Per diversi decenni le lezioni continueranno a svolgersi in locali di fortuna dislocati nei vari rioni. Solo nel 1969 il paese sarà finalmente dotato di un vero edificio scolastica degno di questo nome, rispondente alle norme di sicurezza e dotato di ampi spazi all’interno ed all’esterno.