Il paradosso dei santi militari
I primi cristiani rifiutavano l’idea di fare il soldato di mestiere, non era concepibile: “uccidere per lavoro”. Il rifiuto del servizio militare era uno dei motivi per cui gli imperatori perseguitavano le comunità cristiane che a loro volta non riconoscevano la divinità dell’imperatore. I primi cristiani non giungono a compromessi, non cedono ai loro principi e spaventano molto l’impero. Erano sovversivi, si rifiutavano pubblicamente di offrire sacrifici alle divinità e venivano condannati a morte in massa. Fare il soldato nell’Impero romano era un obbligo di legge, non era tollerabile per quella società che i cittadini si rifiutassero di combattere e quindi anche di “difenderla”. Con l’avvento del cristianesimo, soldati ed ufficiali si convertono e si dimettono per motivi religiosi, non eseguono più gli ordini e per questo spesso vengono uccisi. La maggior parte dei santi militari subiscono il martirio nel periodo delle persecuzioni. Un esempio ci viene dalle agiografie di San Sebastiano, San Vittore, Sant’Alessandro e tanti altri. Nella passione di San Maurizio leggiamo: “Imperatore, noi siamo soldati, ma nello stesso tempo ci gloriamo di confessarlo altamente: siamo servi di Dio. A te dobbiamo il servizio delle armi, a Lui l’omaggio di una vita innocente. Tu ci paghi il soldo delle nostre fatiche; Lui ci ha fatto passare dal niente alla vita. Non abbiamo nessun diritto, obbedendoti, o Imperatore, di rinnegare Iddio, nostro Creatore, nostro e, che tu lo voglia o no, anche tuo. Non ridurci ad offenderlo e ci troverai come sempre pronti a seguire i tuoi ordini. Al contrario, sappi che ubbidiremo a Lui piuttosto che a te”.
Credevano fermamente che la loro religione gli proibisse di uccidere, soprattutto gli altri cristiani come loro. Non dimentichiamo che c’è addirittura un comandamento, il quinto: “non uccidere”, ma come sappiamo la storia nella maggior parte delle sue vicende non procede verso il rispetto di questo imperativo tanto semplice quanto umanamente condivisibile e importante. Con l’editto di Milano cambia tutto, cessano le persecuzioni e la religione cristiana viene riconosciuta dallo Stato pari alle altre. Dopo Costantino, ad eccezione di Giuliano tutti gli imperatori saranno cristiani e si accenderà un grande dibattito all’interno della chiesa che porterà ad ammettere che, l’imperatore cristiano va aiutato e non è più sbagliato uccidere per l’impero. Se il sovrano è legittimo allora i cristiani possono obbedirgli e quindi anche fare per lui la guerra. Sant’Agostino, rispondendo ad un ufficiale, si esprime così: “Non credere che non possa piacere a Dio nessuno il quale faccia il soldato tra le armi destinate alla guerra. Era guerriero il santo re David, al quale il Signore diede una sì grande testimonianza. Erano guerrieri moltissimi altri giusti di quel tempo (…) La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace! Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi”.
Il Santo d’Ippona giunge ad una conclusione che ancora oggi nei dibattiti legati alle attuali guerre, è l’unica alla quale, purtroppo si riesce a giungere. Il meno peggio che ancora oggi a distanza di millenni riusciamo a dire quando in qualche modo, ci troviamo a dover giustificare una guerra. Uccidere in combattimento comunque rimane un peccato anche se non considerato gravissimo come altri. Agli eserciti cristiani che tornavano da uno scontro era richiesto di purificarsi pubblicamente. La prima crociata è un momento di svolta, a tratti drammatica. L’esercito che si forma è adesso quello della Chiesa e la guerra diventa addirittura santa, doverosa e persino voluta da Dio. I crociati si convincono che ammazzando gli infedeli avranno garantito il paradiso. Papa Urbano II quando predica la prima crociata promette la remissione dei peccati a tutti coloro che parteciperanno, anche se dovranno uccidere altri uomini per forza di cose. I crociati imbracciano le armi per Cristo, dovranno uccidere, ma avranno la possibilità della remissione. Da uccisi per la fede e contro le armi ad uccisi in guerra mentre uccidono in nome della fede. Alle crociate si muore con la spada in pugno coperta di sangue e non più con la spada pulita che non la si voleva bagnare nel sangue. Esce fuori che Dio ha dei nemici e questi nemici vanno uccisi nel suo nome, saraceni, manichei, catari che siano. La Chiesa rinuncia a cambiare queste idee che nascono dal basso e finisce per favorirle. Nasceranno i templari, dei monaci che avranno come missione quella di combattere, una cosa impensabile prima di allora. La mentalità di molti cambia. Fare il monaco e combattere diventano due missioni che possono coincidere.
I santi militari vengono acquisiti come protettori degli eserciti. Quelli che si rifiutavano di combattere e che per questa scelta hanno subito il martirio diventano protettori dei combattenti, un paradosso se vogliamo, ma la storia ne è piena in fondo. Anche San Demetrio nonostante la sua storia di militare al servizio dell’impero sia meno conosciuta è uno di quei tanti santi militari venerato come protettore degli eserciti, dai Bizantini che issavano tra gli altri, anche il suo stendardo in guerra, ai crociati che lo invocavano durante i combattimenti.