La pandemia

All’ improvviso un virus sconosciuto, proveniente dalla  Cina, il gigante dell’economia mondiale, ha sconvolto le vite di milioni di persone. Ricorderemo, anche noi mosorrofani, i morti senza funerale, i bar, i negozi e l’ufficio postale chiusi, la chiesa vuota di fedeli, le messe in tv, la prima Pasqua senza liturgia, il pensiero per i propri cari emigrati al Nord, gli studenti a casa, gli ammalati lasciati senza controlli medici, il lavoro da casa o “smart working”. All’inizio , qualcuno espose il tricolore, qualche sera si cantò dai balconi, ma poi,  quando si cominciarono a contare i morti, subentrò il silenzio, quel silenzio a volte terrificante, altre volte segno  misterioso di un tempo sospeso in cui noi  umani ci chiudemmo in casa prigionieri di eventi non previsti e non contemplati da un mondo globale in preda a deliri tecnologici e  a ritmi forsennati per incrementare la ricchezza di pochi a scapito interi popoli in preda alla povertà più assoluta. Dopo le migliaia di ricoveri che ai primi di marzo travolsero l’eccellente sanità lombarda, si temeva che la disastrata sanità meridionale, in particolare quella calabrese, non avrebbe retto l’afflusso eventuale dei malati gravi ai pochi posti di terapie intensive disponibili. All’ improvviso, ci accorgevamo che l’uomo, in fondo, era un essere fragile, piccolo, mentre la natura si riprendeva i suoi spazi e l’inquinamento diminuiva. Cominciarono quindi a circolare i dati ufficiali: contagiati, ricoverati, vittime; ogni sera alle 18.00 il bollettino, scandito dagli officianti in una sorta di laica liturgia; “siamo in guerra” si disse “ma vedrete che dopo saremo migliori”. Poi, il 27/3/2020, Papa Francesco presiedeva uno storico momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro con la piazza vuota, ma seguito da milioni di persone di tutto il mondo, sempre più minacciato dalla diffusione del Covid-19. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori", sappiamo "che Tu hai cura di noi”, aveva detto prima dell'adorazione del Santissimo Sacramento e della Benedizione Urbi et Orbi, alla quale era stata annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria. A partire dalle ore 18.00, l’universalità della preghiera e l’unità spirituale davano un timbro corale alle speranze del popolo di Dio, con Francesco solo a incarnare in modo plastico l'essenza del ruolo di "Pontefice", di ponte tra la terra bisognosa di risposte e il cielo a cui chiederle: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.”   Ora il peggio sembra passato, siamo passati attraverso la” fase due” e stiamo per entrare nella “fase 3”, nella speranza che non arrivi la c.d. “seconda ondata”, cominciamo di nuovo a popolare le vie e le piazze dei nostri paesi e delle nostre città, ma forse, niente sarà come prima. Abbiamo imparato la lezione?