Leggende su San Demetrio
Abbiamo rinvenuto di recente, una serie di leggende della tradizione popolare su San Demetrio. Leggende, che però non sminuiscono la fede nel nostro martire e santo protettore italo-greco San Demetrio di Tessalonica il quale sacrificò la propria vita in nome della fede in Gesù Cristo. Questi annedoti popolari, dimostrano , pur nella loro semplicità, il grande attaccamento e la grande fede del popolo mosorrofano nei riguardi del Martire Demetrio venerato in diverse parrocchie cattoliche e di rito bizantino dell’ Italia centro-meridionale e in gran parte del mondo ortodosso dell’Europa orientale.
La Peste
“Fuori la peste dal mio paese”, furono queste le parole che rivolse il nostro santo patrono alla donna che, con un sacco sulle spalle, era diretta a Mosorrofa per diffondere la peste. Pare infatti che San Demetrio l’abbia incontrata al bivio Cannavò- Sala di Mosorrofa e l’abbia respinta una prima volta. In seguito la donna fece il giro della vallata passando per San salvatore e, arrivata in zona Calvario, venne cacciata definitivamente.
Grazie
Molti furono i doni che i paesani offrirono doni a San Demetrio con richieste di grazia. Ne sono un esempio le piume sul cappello che risalgono al 1848, quando, la moglie di un soldato chiese in grazia al Santo il ritorno del marito dalla guerra il quale purtroppo rimase ucciso nella battaglia di Pastrengo.
La cucuzza
Annedoto ormai noto ai più e quello della” cucuzza.” Un contadino mosorrofano aveva promesso al santo patrono la migliore zucca raccolta, se questi avesse alleviato dai dolori la figlia malata. Dopo il periodo della raccolta, l’uomo consegnò una zucca di importanti dimensioni, ma di certo né la più grande né la migliore raccolta. Per onorare il debito, San Demetrio bussò alla porta della donna ammalata quando l’uomo non era in casa, esortandola ad aprire la porta, nonostante le precarie condizioni di salute. La donna si trovò davanti il santo che le indicò la zucca nascosta sotto il letto e la spronò a mantenere la promessa fatta.
La guerra
Durante la seconda guerra mondiale le nostre terre venivano spesso devastate al passaggio dei soldati. All’arrivo dei tedeschi, il sacerdote li accompagnò davanti alla statua del protettore, alzò lo sguardo verso il santo e gli chiese di passargli la spada, la spada cadde per terra e fu raccolta dal sacerdote davanti agli occhi increduli dei soldati tedeschi. Secondo i più, il paese meritò così un diverso trattamento, non riscontrato nelle altre zone della vallata.
La cera e il Cavaliere
Si avvicinava il giorno della festa di San Demetrio quando, il parroco del pase, resosi conto che mancava della cera, decise di mandare l’anziano sacrestano a Reggio per comprarla.. nonostante costui volesse rimandare il viaggio, lamentando di non avere la giusta forza per ritornare al paese con tale peso,, partì verso la città. Al ritorno, incontro un cavaliere che gli chiese la strada da percorrere per arrivare a Cardeto e si offri per fare un pezzo di strada con l’anziano sacrestano, portando egli stesso la cera. Arrivato in zona San sperato al bivio tra Mosorrofa e Cataforio, l’anziano indicò la strada ma il cavaliere si decise a continuare più avanti e prendere una seconda strada per Cardeto, nonostante questa fosse più lontana. Arrivati a Mosorrofa, precisamente al rione Calvario, il cavaliere restituì la cera al sacrestano e si allontanò, anche se egli, tornando verso la chiesa riusciva ancora a udire il rumore degli zoccoli del cavallo senza riuscire a spiegarsene il motivo. Arrivato dal parroco, consegnò la cera e raccontò del fortunato incontro; il parroco allora si avvicinò alla statua del santo ed accarezzò il cavallo bagnato di sudore!
“San Dimitri fici lu chianu
E lu fici mi ballamu
E lu fici cu tuttu lu cori
Mi ballamu nautri figghioli”