Lettera del Parroco alla Comunità
Cari fedeli,
Vengo a voi con questa lettera, pur non essendo mia abitudine scrivervi, innanzitutto per ringraziarvi della vostra vicinanza nel periodo della mia convalescenza per l’intervento subito in Dicembre, e anche per farmi vicino a voi in questo periodo in cui siamo ancora costretti per il Covid19 a mantenere le distanze per il rischio di contagio, che del resto ha interessato anche la nostra comunità di Mosorrofa. Questo stato di cose rischia di creare maggior distacco e di accentuare la disaffezione soprattutto alle celebrazioni comunitarie, visto l’obbligo di dover evitare gli assembramenti. La vita umana, sia nell’ambito sociale che spirituale, ne diviene così impoverita. Qualcuno sente così il diritto di rivolgersi a qualche altra comunità, dove ritiene di poter trovare riferimento per le proprie necessità. Certo non sarò io ad impedire questi “spostamenti”, anche perché, pur appartenendo giuridicamente ad una Parrocchia, si rimane nella libertà di poter frequentare un’altra Parrocchia per la propria crescita spirituale. Tuttavia, ritengo molto rischioso questo atteggiamento, dal momento che potrebbe essere motivato da ragioni di comodo e prettamente individualistiche, che in questo caso comprometterebbero la crescita cristiana. Questo pericolo dovrebbe essere rilevato anche dalla Comunità che accoglie, a partire dal Parroco. La convinzione mia, che è di tanti, a partire dal Papa, è che questa pandemia può essere un momento di Grazia per la nostra vita cristiana, un momento di rinnovamento profondo per la vita sociale e mondiale. Cominciamo a prendere consapevolezza della grande fragilità che caratterizza la nostra vita e il nostro vivere: sono venuti meno sicurezza e poteri e ci si è trovati indeboliti e pieni di paura, ma abbiamo fatto esperienza di quanto siamo legati gli uni agli altri, pur nelle distanze, subendone condizionamenti in negativo (vedi contagio) e in positivo (maggior collaborazione e solidarietà tra tutti). Gli uomini hanno in mano più che mai il destino del mondo: o si cammina insieme tutti e verso la stessa meta, oppure non ci sarà speranza di vita. Anche la Chiesa, invitata anche da Papa Francesco, è chiamata a lasciare sistemi e sicurezze che sembrano garantirle forza e assicurarle vita, per sposare quella povertà di spirito che le permette di accogliere e di annunciare con autorevolezza il Vangelo, lieto messaggio per tutti, sino agli estremi confini della terra. Nel nostro piccolo e qui, in questa nostra terra particolare, anche noi dobbiamo dare il nostro contributo. L’impegno di ciascuno di noi, secondo il proprio stato e il proprio ruolo, è quello di alimentare la fede, di nutrire la speranza e di crescere nella carità. Raccomando perciò a me e a ciascuno di voi di coltivare la propria vita:
- con la preghiera personale, fatta di dialogo filiale e fiducioso con Dio Padre;
- con la partecipazione alla vita comunitaria, soprattutto nelle celebrazioni della Santa Messa la Domenica, per crescere nella comunione con Dio e con i fratelli;
- con la solidarietà ai poveri e il soccorso ai sofferenti, che rende la nostra vita offerta e servizio.
Invito cordialmente i genitori dei ragazzi a curare particolarmente il dialogo tra di loro e con i figli, sapendo porsi accanto a loro come riferimento autorevole per la loro vita umana e cristiana. Il mio saluto affettuoso giunga a tutti voi e così la mia benedizione.