Mosorrofa, l'Europa dei reggini

Sentiamo spesso parlare di accoglienza in questi ultimi mesi, specie dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Simbolo geografico di questa accoglienza è sicuramente l’Unione Europea che mai come prima ha spalancato i suoi confini ai rifugiati. Nel secolo passato, quando la Seconda guerra mondiale imperversò anche sul nostro territorio, dove si rifugiarono i reggini? Il 10 luglio 1943 gli alleati sbarcarono in Sicilia a da lì mossero verso la penisola italiana incontrando generalmente poca resistenza.  Già nove giorni dopo le prime bombe caddero su Roma e da lì inizierà la crisi del regime fascista e la conseguente caduta di Mussolini. I principali obiettivi degli attacchi alleati su Reggio erano rivolti alle principali postazioni militari e strategiche come il porto che fu pesantemente bombardato e  distrutto il sei maggio. Il Times di Londra parlò di «fantastico attacco aereo». Dopo quell’ incessante bombardamento, i cittadini iniziarono a sfollare in massa verso le campagne. Vincenzo Larizza scrive nella sua cronistoria: «Per sfollare ci si serviva di qualsiasi mezzo di locomozione che in quell’epoca, data la guerra in corso, scarseggiava. […] a molti rimase impresso un carro funebre, trainato da cavalli, carico di persone vive e vegete, appollaiate alla meglio su quel mezzo funereo con le loro masserizie e bagagli». A Mosorrofa giunse da Reggio la famiglia Morello e con essa il giovane Francesco che annotò sul suo diario: «Il sei maggio del 1943 le “fortezze volanti” effettuarono in pieno giorno un massiccio bombardamento sul centro di Reggio. Le scuole furono chiuse e saltò l’esame di maturità classica a cui ci eravamo preparati da mesi con impegno, ci fu uno sfollamento generale. La mia famiglia si trasferì lo stesso pomeriggio a Mosorrofa, un paesino in collina a 9 Km da Reggio, sulle pendici dell’Aspromonte, dove avevamo dei poderi ed una casa utilizzata di solito per un mese di villeggiatura estiva […] di solito durante la villeggiatura le uniche persone che frequentavamo erano i coloni, le loro famiglie e i pochi vicini; quell’anno invece c’erano molti sfollati e tra questi diversi amici; pertanto, le relazioni sociali furono particolarmente intense […] Le giornate trascorrevano serene e alla guerra si cercava di pensare il meno possibile. Se c’erano dei bombardamenti su Reggio, si correva in città subito dopo per vedere se la propria casa era ancora in piedi. Da un amico si ascoltavano le sinfonie di Beethoven; alla fisarmonica o al piano la musica jazz: qualche volta si ballava. Si giocava a bocce; si facevano delle belle passeggiate. Mai come quell’anno l’estate aveva avuto un cielo più terso, colori così vivi, aromi più forti ». Le bombe avevano colpito anche Cannitello e la famiglia del dott. Demetrio Sorgonà del fu Leonardo trasferì la sua farmacia in paese. «Tale negozio era dotato di quasi tutti i farmaci nonostante i tempi di guerra, e l’introvabilità dei vari medicinali» scrisse Don Caridi. La via verso Mosorrofa divenne un vero e proprio, improvvisato corridoio umanitario. Arrivarono in paese circa 1.050 rifugiati ammassati nei locali della chiesa delle Anime del Purgatorio e in ogni luogo abitabile. La generosità fu grande tanto quanto la paura. Tra gli sfollati anche se solo per una notte si aggiunse il nuovo arcivescovo della città Antonio Lanza. «Molte famiglie di Reggio e fra queste le migliori dell’aristocrazia reggina si trovarono attorno alla Sua sacra persona per ossequiarLo, insieme ai fedeli. Egli commosso per tanta filiale e doverosa accoglienza, rivolse a tutta quella gente sfollata dalla casa propria, la Sua paterna ed incoraggiante parola». La notte venne passata nello scantinato, don Caridi annota nel suo diario che quella notte non si udivano i soliti bombardamenti ma «cannonate vere e proprie […] che non ci sapevamo spiegare». Erano infatti colpi di artiglieria che le postazioni sicule scagliavano per coprire lo sbarco alleato che avvenne la mattina seguente. Eric Morris scriverà: «Seicento cannoni dell’VIII Armata annunciarono il ritorno degli Alleati nell’Europa continentale scaricando 400 tonnellate di proiettili». Iniziò per noi quella notte, il lungo dopoguerra che avrebbe portato ulteriore fame e povertà tra la povera gente mosorrofana. In quelle condizioni abbastanza disperate già dall’infuriare del conflitto. Mosorrofa si fece terra di accoglienza e sottrasse alle bombe più di mille persone che sulle sinfonie di Beethoven speravano nella pace.