Più che vicini, in Dio

Alle celebrazioni Pasquali che si concludono

con la solennità di Pentecoste, la Liturgia fa

immediatamente seguire le domeniche della

solennità della SS. Trinità e del SS. Corpo e

Sangue di Gesù Cristo.

 

Se consideriamo tutto l'Anno Liturgico, possia-

mo notare come esso miri ad evidenziare che la

 

vita dell'uomo e la vita divina procedono lungo

un percorso segnato dal peccato dell'uomo e

dalla grazia divina, che tuttavia, mediante lo

 

Spirito continuamente invocato, conduce all'u-

nità, in cui vi è fusione della vita umana con

 

quella divina, ma senza confusione.

Lo stesso Anno Liturgico celebra l'inizio di

questo percorso, riproponendo, nei vari tempi

liturgici, gli eventi caratteristici e determinanti

contenuti nell'Antico Testamento, dove Dio

 

manifesta la sua particolare vicinanza e bene-

volenza al popolo con cui ha stretto un’Allean-

  1. Nonostante questo suo popolo sia stato più

 

volte e in diverse circostanze ribelle e ostinato,

Egli ha sempre mantenuto fede alla promessa

fatta e, pur castigando i peccati del suo popolo,

si dimostra di continuo lento all'ira e grande

nell'amore.

 

Così facendo, la liturgia vuole educare il popo-

lo a riconoscere come da sempre Dio si fa vici-

no all’uomo, sottolineando che con l'incarna-

zione del Figlio di Dio, Gesù, questa vicinanza

 

si fa di gran lunga superiore a quella precedente

in cui non poteva essere nemmeno pronunciato

il nome di Dio.

Del resto, la stessa umanità di Gesù, poiché in

Lui vi è l'unione della natura divina con quella

 

umana, diviene il luogo della rivelazione defi-

nitiva. Così, in Gesù, Dio può essere visto, dal

 

momento che “chi vede il Figlio vede anche il

Padre“; Dio può essere ascoltato, dal momento

che il Figlio dice le cose udite dal Padre suo;

 

Dio può essere toccato, dal momento che il Fi-

glio e il Padre sono una cosa sola.

 

Nel momento in cui la Liturgia celebra il Sacra-

tissimo Corpo e Sangue del Cristo, essa vuole

 

far riconoscere e accogliere il Mistero che rac-

chiude, mistero di comunione, sia come fonte

 

che come culmine.

L'Eucaristia è fonte perché da essa scaturiscono

il cibo di vita eterna e la bevanda di salvezza

che nutrono e sostengono il nostro vivere e il

nostro operare, perché Gesù dice che senza di

Lui ogni nostro fare rimane sterile. Anche nella

nostra relazione con Dio dobbiamo essere uniti

a Gesù, perché il Padre ascolta ed esaudisce

solo coloro che, due o più, chiedono nel nome

del suo Figlio.

L'Eucaristia è anche culmine, perché mentre ci

fa pregustare il banchetto celeste, perfeziona la

nostra unione e la conduce alla pienezza, per

giungere con tutti al compimento del Regno di

Dio, Regno di giustizia, di pace e di amore.

Se alla vicinanza di Dio venivano richiesti al

 

popolo l'ascolto e l'accoglienza di Dio attraver-

so l'obbedienza alla Legge, nella vicinanza di

 

Dio in Gesù è richiesta la fede al suo Vangelo

annunciato e testimoniato dai suoi discepoli.

In esso il Figlio rivela che Dio è padre e che la

vita dei figli di Dio viene vissuta nel desiderio

che sia santificato il nome del Padre Celeste,

 

che venga il Suo regno e sia fatta la Sua volon-

tà sulla terra, come il cielo.

 

Questa fede, continuamente coltivata in un dia-

logo continuo e profondo a cui ci educa la pre-

ghiera e a cui ci conduce la Santa Eucaristia,

 

viene rafforzata nelle prove che attraversa la

nostra vita, nella fragilità, nelle tentazioni, nella

sofferenza, nelle privazioni, perseverando e

vigilando con le lampade accese come vergini

sagge che attendono l'arrivo dello sposo.