Una paternità che non tramonta
In questo tempo il tema della famiglia riveste un ruolo in primo piano e si continua a sollecitare i politici ad apportare quei cambiamenti e quelle trasformazioni che riguardano il modo di concepire la famiglia stessa che, a detta dei promotori, continua ad essere retaggio di una cultura del passato che ormai è superata dalle nuove conquiste civili che riguardano l’essere, con la propria sessualità, e il determinarsi liberamente di ogni individuo, come le unioni civili tra persone dello stesso sesso. All’interno della Chiesa cattolica ci sono pronunciamenti e prese di posizione di taluni che auspicano e sollecitano le istituzioni ecclesiastiche ad accogliere favorevolmente quanto emerge come desiderio dell’uomo e della sua coscienza. Ecco perché è in programma il sinodo sulla famiglia ed il Papa ha voluto quest’anno porre all’attenzione la figura di San Giuseppe come uomo, sposo e padre. È a questa figura in particolare che vorrei fare riferimento, poiché insieme a Maria e Gesù, rappresenta un esempio, sia nelle individualità delle persone, che nel loro essere in relazione dell’uno con gli altri e per gli altri. Giuseppe è stato, innanzitutto, uomo, ci dice il Vangelo. L’essere uomo ci dice: identità sessuale, che è maturità fisica; ci dice, ancora, maturità affettiva, poiché fidanzato con Maria; ci dice maturità umana, in quanto uomo libero e che lascia liberi (come quando viene a sapere della gravidanza di Maria); ci dice maturità spirituale in quanto mette al primo posto Dio e la sua volontà e per questo viene definito giusto. La sua sponsalità e la sua paternità, assunta pienamente e responsabilmente, diviene lo scopo della sua vita che svolge con amore nonostante i tanti disagi: la fatica resa più gravosa per il lavoro che ha dovuto cercare da immigrato, la paura provata per sfuggire a chi minacciava di morte il figlio... E poi ancora quel suo incidere profondamente nella vita del figlio senza forzature. Il silenzio di Giuseppe che emerge nel Vangelo, ci dice proprio l’efficacia della sua presenza e della sua disponibilità all’attenzione e all’ascolto. Il suo parlare diventa così vicinanza e comunicazione e mai invadenza o occupazione di spazi altrui. Per lui “dire” era donarsi nella quotidianità, attraverso i gesti più comuni che contenevano sempre tenerezza e infondevano sicurezza e serenità. È questo il significato che assume l’essere padre, come dice il Papa “introduce il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze”. “L’amore che vuole possedere”, dice ancora il Papa, “alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelice”. Dio stesso ha amato l’uomo lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’Amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo se stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù.